La rappresentazione scenografica della Natività di Gesù è una tradizione antichissima per tutti i paesi di fede cattolica e affonda le proprie radici addirittura nel tardo Medioevo. Le fonti che da sempre ispirano un presepe fedele alla storia, provengono tutte da quei 180 versetti dei Vangeli cosiddetti “dell’Infanzia” scritti da Matteo e Luca che collocano la nascita di Gesù al tempo di re Erode, nella cittadina di Betlemme, in Giudea.
La trasposizione plastica della nascita di Gesù ruota tutta attorno alla grotta, per qualcuno capanna, in cui ha un posto d’onore la mangiatoia dove viene posto il bambino Gesù, riscaldato dalla presenza di un bue e di un asinello. Ovviamente, al suo fianco ci sono il papà Giuseppe e la mamma Maria. E subito dopo un nugolo di pastori adoranti, pecorelle smarrite e angeli in festa per la lieta novella. Fuori dalla grotta trovano posto anche gli abitanti di Betlemme, increduli e spaventati alla vista della cometa che segna la nascita del Re dei Re. In lontananza, poi, si scorgono altre tre figure. Cavalcano dei Dromedari, in alcuni casi dei cavalli. Sono i tre Magi provenienti dall’Oriente. Carichi di doni per omaggiare l’arrivo al mondo di Gesù.
Le statuette che raffigurano tutti i personaggi di questa storia millenaria possono essere di vari materiali. Dalla ceramica alla terracotta, dal legno alla plastica. Molti di questi, sono vestiti con abiti che dovrebbero rispettare lo stile dell’epoca in cui la Palestina era colonia dell’Impero romano. Altri personaggi, invece, con il passare dei secoli, hanno assunto fattezze e sembianze delle età rinascimentali e barocche, ricalcando gli usi e i costumi tipici del periodo storico in cui sono stati introdotti. Tutti i personaggi, comunque, grazie a particolari e dettagli sempre unici, rendono ogni presepe diverso dall’altro.
QUANDO SI ALLESTISCE IL PRESEPE
Solitamente l’allestimento di un presepe inizia alla fine di novembre per fare il proprio debutto in corrispondenza della festività in onore dell’Immacolata concezione di Maria Vergine dell’8 dicembre. La riproduzione del bambin Gesù, invece, fa il suo ingresso sulla scena e viene collocata nella mangiatoia nella Notte di Natale. Le figure dei Re Magi che arrivano con l’oro, l’incenso e la mirra dall’Oriente, invece, secondo la tradizione, dovrebbero essere inserite gradualmente. Prima, come elemento del paesaggio, in lontananza, a raffigurare il percorso verso Betlemme. Poi, come protagonisti della scena principale in prossimità della grotta, nel giorno dell’Epifania. Per alcuni, il 6 gennaio, rappresenta anche il giorno in cui smantellare il Presepe. Per altri, invece, l’ultimo giorno della rappresentazione coincide con la Candelora, quando avviene proprio la presentazione del Bambino Gesù al Tempio e si accendono e benedicono le candele, simbolo del Cristo che si fa luce per illuminare il popolo di Dio.
LA STORIA DEL PRESEPE
L’usanza di rappresentare tridimensionalmente la Natività, allestita in occasione delle festività natalizie, ebbe origine all’epoca di San Francesco d’Assisi. Il santo poverello, nella sacra notte di Natale del 1223 realizzò a Greccio, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da Papa Onorio III, il primo presepe “vivente” con la presenza di figuranti individuati tra i pastori, i contadini, i nobili e i frati del luogo. Un episodio così affascinante da indurre Giotto a dipingerne un affresco che tutt’oggi campeggia nella Basilica Superiore di Assisi. Poi, venne la volta dello scultore Arnolfo di Cambio, il papà del primo presepe inanimato. Realizzato nel 1288, oggi è conservato nella Cripta della Cappella Sistina di Santa Maria Maggiore a Roma.
Dalle Chiese e dai luoghi pubblici il presepe, verso la metà del ‘400, passò ad essere allestito anche nelle case. E ai personaggi in legno e terracotta della rappresentazione inanimata della Nascita di Gesù furono affiancati anche quelli realizzati con cera e porcellana. Con il barocco, il presepe si arricchisce anche del paesaggio che inizia ad avere una sua connotazione ben precisa e strutturata. Ma è nel 1700 che la Natività raggiunge il suo culmine e alle classiche scene “palestinesi” si accompagnano anche riproduzioni della vita quotidiana dell’epoca in quello che diventa il tipico scenario del Presepe Napoletano, che resterà immutato dal XVIII secolo ai giorni nostri.
IL PAESAGGIO ELEMENTO IMPRESCINDIBILE NEL PRESEPE NAPOLETANO
Prima dei personaggi, il paesaggio del presepe è intriso esso stesso da un profondo simbolismo e diventa protagonista assoluto soprattutto nella trasposizione napoletana. Costituito da tre montagne che custodiscono tre anfratti, il presepe è solcato da altrettanti elementi che guidano il visitatore attraverso lo scenario, in un viaggio fatto di tappe precise e codificate, ciascuna delle quali simboleggiate da un significato, un personaggio o una figura allegorica.
Ogni elemento del paesaggio, pertanto, assume un significato simbolico ben preciso. Il ponte, ad esempio, indica il passaggio per l’Aldilà e l’ignoto. Il fiume rappresenta il tempo e di conseguenza il ciclo della vita. Nel paesaggio napoletano non può mancare il pozzo, che può raffigurare la porta dell’Inferno, il luogo dell’oscurità che deve sempre essere presente perché non vi può essere luce senza ombra. Altro elemento imprescindibile nella scenografia presepiale è dato dalla Taverna, simbolo di un’atavica fame non solo di cibo, ma anche di fede e speranza, sentita dal popolo che brulica attorno ad essa. Infine, la grotta della Natività. Che deve essere sempre in primo piano è rappresenta come ovvio il luogo dove va in scena prima la nascita di Gesù e poi l’adorazione dei Magi e si entra in contatto con il Divino. Solitamente, nella tradizione napoletana, la Natività è posizionata su uno sperone di roccia nei pressi dei ruderi di un Tempio pagano. Questo serve ad evidenziare la vittoria del Cristianesimo sui culti romani. Ad ogni modo, tutti i percorsi che portano alla mangiatoia sono tortuosi e scoscesi perché solo alla fine può esserci la redenzione.
I PERSONAGGI ALLEGORICI DEL PRESEPE NAPOLETANO
Al di là dei personaggi principali della Natività che vi abbiamo descritto fin qui, a seconda dei luoghi e delle tradizioni, il presepe può prevedere anche altre figure, altrettanto importanti, alcune imprescindibili, ognuna con il proprio significato simbolico ed allegorico.
Nel presepe napoletano, ad esempio, non possono mancare le figure femminili delle lavandaie che, con i loro panni immacolati, rappresentano la verginità di Maria, o della zingara che, seppur allegoria del mondo pagano, ha tra le mani dei chiodi che presagiscono il futuro del Bambin Gesù: ovvero la crocifissione.
Due figure legate all’elemento scenico del fiume sono il cacciatore e il pescatore che rappresentano rispettivamente la morte e la vita e che quindi, insieme, richiamano al ciclo dell’umana esistenza in bilico tra il mondo celeste e quello degli inferi.
Altre figure allegoriche sono date dai 12 venditori di cibo che simboleggiano ognuno un mese dell’anno. Il macellaio o salumiere per il Gennaio; il venditore di formaggio per il mese di Febbraio; il pollivendolo per Marzo; il venditore di uova per Aprile; gli sposi con il cesto di ciliegie per Maggio; il panettiere per il mese di Giugno; il venditore di pomodori per Luglio; il venditore di anguria per Agosto; quello di Fichi per Settembre; il vinaio per Ottobre; il venditore di castagne per Novembre, il pescivendolo, infine per Dicembre.
Posizionato solitamente in un angolino, il pastore Benino – per alcuni Benito – è, probabilmente, la figura allegorica più importante di tutto il presepe. La tradizione napoletana vuole, infatti, che l’intera rappresentazione della Natività sia, in realtà, un sogno fatto proprio da questo pastorello dormiente. Questa lettura viene messa in scena anche nella “Cantata dei Pastori”, quando Benino si sveglia e racconta di aver sognato la nascita del Bambin Gesù. Su un piano più simbolico, invece, Benino rappresenta l’intera umanità dormiente e pigra, che è libera di avvicinarsi al divino solo nel mondo onirico, quando cioè è svincolata dai piaceri della carne.
E poi ancora, il Pastore della Meraviglia, con la bocca spalancata come le braccia che assiste incredulo alla nascita di Gesù. Per alcuni si tratterebbe dello stesso Benino, risvegliatosi dal suo stesso sogno. O Cicc Bacc ‘ngopp ‘a bott, un pagano tra i cristiani, le cui origini sono antichissime e risalgono al culto del vino e del Dio Bacco. Con un fiasco di vino in mano o seduto con la sua grossa mole e le guance rubizze su una carretta piena di botti indica la vicinanza tra il sacro e il profano.
Infine, i mendicanti zoppi e ciechi che non dovrebbero mai mancare in un presepe napoletano. Rappresentano le anime del Purgatorio che chiedono una preghiera ai vivi. Sono le cosiddette anime pezzentelle.
Adesso controlla il tuo presepe. Hai tutti questi personaggi? No? E allora è arrivato il momento di arricchire la tua schiera di figuranti per rendere la rappresentazione della Natività più spettacolare che mai.